Una data importante per la vita contadina era San Martino, l’11 novembre. In quella data per tradizione scadono, ancora oggi, i contratti agrari, e scadevano anche i contratti dei salariati, la manodopera necessaria in gran numero quando i macchinari agricoli ancora non esistevano o non erano così diffusi.
Nelle campagne i salariati a San Martino potevano essere riconfermati, nel qual caso rimanevano nella cascina dove avevano trascorso l’anno, oppure no, e questo capitava quando il fattore, colui che per conto della proprietà gestiva l’azienda agricola, non era soddisfatto del loro operato.
Se non veniva rinnovato il loro contratto, a San Martino dovevano andarsene, con la famiglia e le povere masserizie caricate su un carretto; è il motivo per cui in milanese “fare San Martino” è sinonimo di traslocare. Era una festa in cui si mescolavano sentimenti e stati d’animo contrapposti: chi rimaneva era sollevato e contento, chi partiva triste, perché lasciava una rete di affetti e luoghi conosciuti, con l’incertezza del futuro; poi c’erano le famiglie nuove che arrivavano, con il loro carico di aspettative e di speranze: la vita nelle campagne a quei tempi era molto dura.
Le case dei salariati della Cascina Campazzo sono databili come costruzioni alla seconda metà del ’700, come anche la casa padronale; il lavoro manuale per la coltivazione dei campi è diventato poi nel tempo sempre meno necessario, tuttavia gli ultimi salariati sono andati via dalla Cascina nel 1960.
La festività di San Martino è ricordata alla Cascina Campazzo dall’inizio degli anni ’90, ma solo dal 2011 il Comitato per il Parco Ticinello ha deciso di organizzare una rievocazione in costume della giornata.
Si sceglie per questa festa sull’aia la domenica pomeriggio più vicina alla data dell’11 novembre.
Alla proposta di un pomeriggio diverso si unisce l’intento di tramandare e far conoscere le tradizioni contadine di un passato lontano ma nel quale risiedono le nostre radici.